Il triangolo della barba – Capitolo 1: New York City
Per la prima volta in vita mia sperimentavo un volo intercontinentale, abituato ai classici aerei di compagnie a basso costo sembrava di entrare in un altro mondo per cui, dopo i controlli, fortunatamente andati bene nonostante lo stile incolto, mi sono ritrovato a testare un aereo con schermo e seggiolino reclinabile, esperienza unica.
Dopo un volo abbastanza lungo finalmente arrivo a New York, atterro e tutto è surreale, la grande mela e chi l’aveva mai pensato davvero? L’avevo sempre vista in televisione e al cinema, letta nei libri, osservata nei video di youtuber online ma mai e poi mai avrei pensato che potesse dare quelle sensazioni.
Mi sono sentito estasiato, euforico e anche un po’ timorato da quei grattacieli enormi che dal basso sembrano giganti pronti a schiacciarti, ti guardano dall’alto del cielo e ti fanno sentire un insetto. Gli odori poi, non pensavo mi avrebbe colpito così l’olfatto, un senso che sottovalutiamo ma che sul momento era protagonista di questa nuova percezione, cosa che mi ha accompagnato per tutto il viaggio perché si, in america gli odori sono diversi.
Avevo prenotato tutto con AirBNB e gli spostamenti tramite greyhound, la compagnia di bus a basso costo più popolare degli USA, devo dire che con entrambe le piattaforme mi sono trovato benissimo. La casa era nel quartiere di Washington Heights, nord di Manhattan, quaranta minuti di metro dalle principali attrazioni, ma è normale, l’america ha proporzioni maggiori rispetto all’Europa e le distanze sono letteralmente maggiori.
Washington Heights è un quartiere relativamente tranquillo, sede della comunità dominicana. Arrivo la sera, è buio e sinceramente ho un po’ timore, valigia a seguito si vede che sono un turista e mentre cammino dall’uscita della metro fino a casa mi sento osservato e diciamo che l’idea che ci si fa nei film non è troppo distante, sembra di essere un po’ in quei quartieri malavitosi ma decido di non farci caso e mi dirigo all’appartamento.
Il proprietario è veramente gentile e mi presenta l’immobile così che finalmente mi posso riposare un po’, mi consiglia cosa vedere e dove mangiare e decido che il giorno dopo mi farò un giretto rimandando il barber a quello seguente.
I tre barbershop che avevo intenzione di provare li avevo già scelti in precedenza, basandomi sulle recensioni dei clienti. Il giorno dopo mi alzo, più riposato e positivo e lasciata alle spalle la sensazione di timore, mi butto in strada e prendo la metro e mi dirigo verso Sud.
Durante la giornata e nei giorni seguenti ho visitato Central Park, Wall Street, l’Empire State Building e sono salito sul Rockfeller Center, per ammirare il panorama al tramonto, sono entrato nella Trump Tower e ho visto la Statua della Libertà, da lontano, senza tralasciare Ground Zero, il luogo dove sorgevano le torri gemelle.
Che dire è impressionante, come dicevo tutto ciò che hai sempre visto nei film e nelle serie tv diventa realtà, lo puoi toccare e vivere ed è molto difficile riportare su carta tutte le emozioni e le sensazioni provate. Ti ritrovi esploratore in un mondo nuovo ma mentalmente conosciuto, ti scontri con cose sostanzialmente già viste e sorridi, quasi esclamavo da solo quando riconoscevo quel posto o quello scorcio.
Incredibile, New York e l’America in generale ti regalano qualcosa che è dentro di te da tanto, ma te la portano fuori, quasi come fa uno psicologo, ci vai perché hai un problema e di base sai cos’è ma non lo realizzi bene, stessa cosa NYC, ti porta tutto fuori ed esplodi di felicità.
Che dire poi di Brooklyn, una storia a se ma non ho tutto questo spazio perché dovrei parlare di barba, quindi prima o poi scriverò un libro, magari ricordatevi di me e compratelo. Venendo quindi alla barba mi dirigo in quello che sarebbe stato il Barber designato, il famoso FIFTH AVE BARBER SHOP, a sud di central Park sulla 5th Avenue.
Mi avvicino con reverenza e trepidazione, sto per entrare in una barberia americana. Avevo precedentemente preso appuntamento, non volevo arrivare col rischio di non essere tagliato. Entro e mi sento dire “Hi dude, nice beard but it’s time to cut!” (Ciao amico, bella barba ma è ora di tagliarla).
“You got it my friend. I’m here to do this!” (Puoi dirlo amico mio, sono qui per farlo.)
Lui ride, io rido e mi accomodo.
Il Barbiere è un tipo bianco, sovrappeso e con una bella barba, come anche l’altro ragazzo. E’ metà mattina e non c’è molta clientela per cui tocca subito a me.
L’odore è fantastico, il design pure e quanto è stupenda quella colonnina girevole fuori dal negozio che praticamente tutti i barber americani hanno.
Sembra di entrare in uno di quei saloni da film dove spesso i protagonisti parlano mentre si radono, stessa cosa. Mi siedo e parliamo, chiedo un po’ la loro storia e mi dice che sono attivi dal 2011, relativamente poco ma si sono già fatti un buon nome e si vede. Il barbiere è molto alla mano e parliamo del più e del meno, nel frattempo gli chiedo se mi da un ritocco anche ai capelli un po’ troppo lunghi e ridendo lo fa, creandomi quel classico ciuffo all’indietro con sfumature laterali che va tanto di moda, evidientemente anche in America.
La barba me la faccio tagliare deliberatamente poco, deve bastare per altri due barber ma con cura la sistema e la spunta di poco riformandola e incerandomela oltre che a passarci nientemeno che l’olio da barba proraso. Si, arriva fino a li la marca italiana!
Gli faccio notare la mia origine e la coincidenza, lo fa presente al collega e aggiunge “Land of barber and soccer player” (terra di barbieri e giocatori di calcio).
Non so il perché di questo collegamento ma ci rido su, insieme a loro.
Devo dire che l’esperienza nel suo complesso è stata fenomenale, complice la location e il buon modo di fare dei ragazzi, l’emozione e devo dire anche il buon lavoro.
Continuo a dire che gli odori hanno un ruolo primario e se riconosco le note dell’olio da barba nostrano nella bottega si respira america allo stato puro. La cosa bella è che hanno una grande passione e si vede e mi dice che prima o poi verrà in Italia, sembra che alla fine non stiamo così antipatici, anche perché mi fa notare che adora il cibo italiano.
Gli altri discorsi possono essere convenevoli ma su questo no, so che ha ragione perché noi italiani e la cucina abbiamo un rapporto veramente eccellente.
Comunque sia, mi racconta che si è fatto le ossa in un vecchio barber di Brooklyn, sotto la guida di un vecchio afroamericano e una volta chiusa l’attività ha deciso di passare a qualcosa di più centrale facendosi assumere qui.
Non posso che rimanere soddisfatto ed entusiasta dell’esperienza così mi faccio consigliare un buon posto per gli hamburger, mi suggerisce un posticino che è nascosto, dentro un hotel, ma che fa panini da urlo e così è, fantastico ma lo racconterò magari in un blog di cibo e non di barba.
New York si conferma sopra le aspettative e la cultura della barba è molto diffusa, ho avuto modo di girare e si possono notare barber praticamente dappertutto, alcuni stuzzicavano la mia attenzione e mi sono soffermato, soprattutto in quelli dove vedevo persone più anziane a lavorare – segno di attività più datate e genuine – ma che mi sono rimaste più difficili da scegliere per via della mia inesperienza di viaggiatore e per cui mi sono accontentato di rubare con gli occhi la gestualità di quegli artigiani della barba immaginandoli all’opera in una NY anni 90 o anni 80.