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La leggenda dei Barbuti

Barba: logo ConfrBaBa

Anni e anni fa in epoche lontane e remote, quando il mondo non era quello che conosciamo oggi, gli uomini vivevano nella nudità facciale e nella tristezza.
Un despota orribile e senza alcun pelo tiranneggiava sugli uomini costringendoli a radersi ogni giorno e più il tempo passava e più gli uomini dimenticavano quanto era bella la barba.

La leggenda vuole che in un piccolo regno, ai margini del globo, vivesse una comunità di barbuti, persone nobili, comandate da un favoloso Re che aveva la barba più lunga e più bella di tutti. Vivevano confinati perché col tempo il tremendo tiranno li aveva allontanati, invidioso del loro splendore facciale.

Un bel giorno  il Re vide quanta tristezza vi era in quel mondo e quanto soffrissero gli uomini senza barba e senza baffi, chiamò a raccolta i sui nobili, Granduchi, Marchesi e Conti. Si riunirono e marciarono sul quel mondo triste e grigio.
Gli uomini cupi e tristi che li incontravano rimanevano abbagliati dalla maestosità delle loro barbe e chiedendo chi fossero essi rispondevano:

-Siamo la Confraternita della Barba e dei Baffi!

Gli uomini allora cominciarono a ricordare, toccavano quelle barbe meravigliose e ricominciavano a sorridere, prendevano i rasoi e li spezzavano e piano piano la Confraternita arrivò anche dal cupo dittatore glabro.

Al che quando vide tutti quegli uomini pelosi si inchinò e pianse:

– Siete bellissimi, io non ho la barba, non sarò mai felice! –
Al che il Re rispose:

– Eccome se lo sarai, e tu sarai nostro fratello! –

Il Re si staccò un pelo dalla sua folta barba e lo appiccicò sul viso dell’uomo e tutti quelli che erano con lui fecero lo stesso finché anche quel viso, che fino a prima era liscio, divenne folto e felice. Il despota grato di quel gesto si convertì e aprì il regno alla peluria facciale trasformando il mondo in una enorme Confraternita dove tutti potevano avere la barba e tutti erano fratelli.

Questa è la leggenda su cui si fonda la Confraternita poi esiste un’altra versione ma a ognuno è libero di credere a quella che più ritiene attendibile.